L'idea



Questa è la storia - in costruzione - del percorso verso una certezza: quella che siamo fatti per essere felici.
E' la storia di una persona come tante, e prende il via in un momento come tanti dell'esistenza. Né particolarmente luminoso né particolarmente cupo. O meglio, non apparentemente cupo. Un momento 'normale'.
Tuttavia, in un istante casuale di questa esistenza, ecco che inizia ad insinuarsi una stilla di dubbio all'interno della normalità. Una domanda. Alla quale ne segue un'altra, e poi mille altre. Quando si ha una famiglia nella quale voler rimanere e continuare a crescere, quando si hanno delle splendide figlie insieme alle quali voler 'essere e diventare', quando il tonfo sordo delle tragedie non si è mai fatto sentire da vicino, quali ragioni dovrebbero esserci per sentirsi 'stonati' rispetto alla propria stessa vita? Non sarebbe più corretto e responsabile proseguire a vivere, accontentandosi appunto di una normalità benevola, e nascondere sotto un sottile strato di polvere gli interrogativi che stanno bussando alla porta? Non lo so se sia giusto continuare a procedere o fermarsi a riflettere.

Io, io mi sono fermata.
E, quasi istantaneamente, da amante dei libri e della letteratura, sono incappata in due aforismi, entrambi vecchi di parecchi secoli, che sono diventati per me balsamo quotidiano e compagnia assidua e tenace:

"La felicità è desiderare quello che si ha" scriveva S. Agostino, e "La felicità più grande per un uomo è essere quello che è" gli fece eco Erasmo da Rotterdam.

E quindi, dopo essermi fermata, mi sono messa in viaggio.

Questo è l'inizio.

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